In questi tempi difficili di Coronavirus sto leggendo principalmente saggi, ma oggi parlo di una raccolta di racconti di un'autrice emergente.
Scheda libro
Autore: Claudia Bergomi
Edito da: / (autopubblicato)
Genere: narrativa (racconti)
Recensione
Una decina di racconti brevi che hanno come tema comune quello della transitorietà o impermanenza delle cose. Un concetto più filosofico/mistico che letterario, infatti non sempre è chiaro cosa vogliano dirci i racconti, se non appunto comunicare vagamente questo concetto. Mancano forse dei riferimenti un po’ più concreti, al mondo reale: le storie raccontate sono quasi tutte frutto di una fervida immaginazione, molte sono avvolte in un’atmosfera fiabesca. Mancano forse degli ancoraggi squisitamente letterari.
Passando alla forma, direi che non sempre le scelte sono del tutto comprensibili. Il primo racconto per esempio utilizza una punteggiatura che volutamente non segue le regole della grammatica, un espediente a dire il vero non così originale e di cui, solitamente, non si sente il bisogno. Anche la ripetizione di alcune frasi, cosa che avviene in più racconti, risulta fastidiosa quando non è necessaria. Ci sono però anche molti momenti in cui la forma risulta appropriata, quindi se ne deduce che, laddove risulta invece “brutta”, l’autrice abbia fatto delle scelte volute, ma purtroppo non molto azzeccate a parer nostro.
Detta in altri termini, il libro si comprende e si apprezza soltanto a tratti. La forma segue anch’essa questo “andamento a sprazzi”, di pari passo con il contenuto, che a volte risulta talmente ineffabile fino scomparire del tutto. Alcuni racconti contengono degli elementi interessanti, degli spunti che avrebbero potuto partorire qualcosa, ma poi si perdono in un movimento inesorabile verso l’indefinito, lasciando il lettore confuso o, nei casi peggiori, quasi a bocca asciutta. Bisogna però dire che l’autrice ha una buona capacità di dipingere la scena con poche pennellate, facendoci entrare di volta in volta in un mondo diverso, che è una dote importante. Ho avuto difficoltà a capire alcuni racconti alla prima lettura, rileggendo una seconda volta invece ho apprezzato le sfumature. Credo poi che per apprezzare del tutto il libro si debba sospendere il giudizio che abbiamo sul mondo, lasciandoci solo trasportare. Questo però è molto difficile per un lettore comune, che in qualche modo si aspetta qualcosa da un libro.
Ciò che resta al termine della lettura è, in definitiva, un senso di impermanenza dell’esistenza, un vago ricordo del noto principio del panta rei con un po’ di paesaggi dell’India sullo sfondo, insieme ad alcune domande sulla nostra identità. Secondo me l’autrice ha delle potenzialità espressive, ma questo libro mi sembra solo un assaggio di ciò che è davvero in grado di scrivere. Un esperimento che si può dire complessivamente riuscito se lo scopo era quello di suscitare emozioni e pensieri. Non mi sento però di dare un voto, per almeno due motivi: 1) perché sinceramente non ho capito sempre ciò che ho letto; 2) perché lo vedo più come un “esperimento di scrittura” che come un libro vero e proprio. L'autrice è stata fortemente influenzata dalla sua personale ricerca - da quanto ho capito è una studiosa di questi argomenti - e il risultato è assimilabile più ad un diario mistico contenente micro-racconti che ad un'opera letteraria (secondo il mio parere anch'esso del tutto soggettivo).
Le illustrazioni mi sono piaciute molto, complimenti alla disegnatrice!
L’autrice
Dalle poche informazioni che ho avuto tempo e modo di raccogliere, direi che l’autrice è una persona con più di un talento e con diversi interessi.
Si possono trovare informazioni sull’autrice direttamente sul suo sito personale, alla seguente pagina: https://claudiabergomi.net/racconti/
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