Ma davvero dobbiamo leggere tanto?
Una domanda che non si dovrebbe mai fare a chi ha la passione per la scrittura e ama leggere, eppure...
Leggere apre la mente, ma...
Pare sia un po' come sapere le lingue. Nietzsche sosteneva che "chi studia le lingue è un imbecille": imparerà infatti a tradurre lo stesso concetto in tanti idiomi diversi, senza però mai approfondire niente dal punto di vista concettuale e del ragionamento. Ricordo che un professore una volta mi disse: "Stalin non sapeva una parola di inglese eppure faceva paura a mezzo mondo!". Forse cercare di leggere molto per ampliare la propria cultura o per scoprire qualcosa di nuovo non è davvero necessario. Conosco persone, anche a me molto vicine, che non leggono mai un libro, eppure vivono benissimo (come faccio a sapere che vivono bene? Beh non lo posso sapere con certezza dato che non sono nella loro mente, è vero, ma osservandole non mi sembra che soffrano la loro scarsa voglia di leggere). Di solito sono quelle che ti dicono: "Ma perché leggi il libro? Guarda il film!".Ho la netta sensazione che esistano due tipi di persone: quelle pragmatiche (che per quanto ho potuto vedere non leggono, o al massimo leggono libri di puro intrattenimento, con molta azione e non troppo difficili. Il loro "libro" preferito è la Gazzetta dello Sport) e quelle più portate per il ragionamento astratto (che di solito adorano leggere. Si intrippano con viaggi mentali complicati e finiscono per non capire più niente della vita).
Ma chi li compra i libri?
In realtà, sembra che i libri vengano comprati più che altro per fare regali natalizi o di compleanno. Ecco cosa sostiene davvero la povera editoria! L'economia del settore editoriale si fonda sui regali: "non so cosa regalare al mio amico...".(Guardare questo video per credere)
Entrando in una libreria, ci si accorge subito di una cosa: ci sono soltanto pochissime persone realmente interessate ai libri, che li sfogliano davvero intenzionate a capirne il contenuto. Che leggono almeno una decina di libri all'anno (i c.d. "lettori forti"). Gli altri si limitano a curiosare, anche un po' annoiati (visibilmente annoiati se accompagnano la fidanzata). Di solito le persone vanno in libreria sapendo già esattamente quale titolo vogliono. Da quando c'è internet poi, le cose sono ancora più semplici: si ordina il libro che si vuole leggere, senza più guardarsi intorno e senza il bisogno di andare in libreria.
Quindi la situazione è più o meno questa: si comprano libri per regalarli ad amici, oppure si cercano titoli che qualcuno ci ha suggerito, ma allora non occorre andare in libreria, basta Amazon o Ibs.
Per me leggere è una componente inseparabile dal processo di scrittura (a cui aggiungerei l'ascolto della musica): ogni libro è e ha una voce diversa, e i libri "davvero" buoni permettono, a volte, il contatto, per quanto fugace, con un essere umano altrimenti del tutto altro-da-me; persino i libri "brutti" possono essere utili a chi scrive, non soltanto come esempio negativo, ma proprio perché anche in essi, qualche volta, vi è un'umanità straziante (non includo i testi scritti unicamente con il fine di "far soldi", il cui lezzo di avida rapacità prende alla gola già da distante); e la lettura, per me, comincia già dalla libreria, dal toccare, sfogliare e, sì, annusare i volumi, prendendosi tempo, un tempo interiore, privato e intimo che è il prologo alla lettura; ma questo è un discorso da "lettore forte".
RispondiEliminaGrazie davvero per questo commento, chiunque Lei sia, commento che trovo intelligente. "Ovviamente" il senso del mio articolo era in gran parte ironico. Voleva evidenziare una tendenza attuale. Leggere è - o dovrebbe essere - la parte più bella del lavoro di uno scrittore, anche dilettante.
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